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Pneumatici riciclati o rigenerati: sono davvero una scelta sostenibile?

Pneumatici
Mercoledì 08 Ottobre 2025
9' di lettura

Gli pneumatici rigenerati e riciclati rappresentano una sorta di nuova frontiera nel mercato delle gomme auto: i costi ridotti in confronto ai prodotti nuovi li rendono senz’altro appetibili per gli automobilisti, sempre più in cerca del risparmio. E per quanto riguarda l’ambiente? Le eco gomme auto sono realmente sostenibili? Per rispondere a tale domanda, vista la complessità del tema, servono numeri e dati, tuttavia gli investimenti verso questa tipologia di prodotti sono in costante crescita negli ultimi anni, poiché il riciclo di pneumatici giunti a fine vita (i cosiddetti PFU) può trasformarsi in un’opportunità da sfruttare anche per i produttori. L’impiego di gomme rigenerate si è quindi poco a poco ampliato dai veicoli industriali alle vetture di tutti i giorni, con l’obiettivo di rendere il trasporto più sostenibile.

Pneumatici rigenerati: come nascono?

Se i pneumatici sono di alta qualità possono arrivare ad avere sino a sei vite, e la seconda di queste è la rigenerazione: è quanto sostiene Fabio Orecchini, professore ordinario di sistemi per l’energia e l’ambiente, indicando come le gomme auto possano essere un ottimo esempio di economia circolare. Ma come avviene la ricostruzione? A illustrarlo è Michelin, che è uno di quei produttori che investe in questo segmento proprio perché ne conosce le potenzialità in termini di sostenibilità e lo fa del resto da un secolo nell’ambito dei pneumatici per i veicoli industriali. L’uso di coperture ricostruite sulle auto è già regolamentato dalla normativa Ece Onu 108 a livello europeo e ogni gomma rigenerata è contrassegnata da una specifica dicitura: Retread. Questa è spesso accompagnata dalla sigla 108 R in modo tale da renderle immediatamente riconoscibili.

Quali sono le fasi della ricostruzione dei pneumatici?

La fase preliminare che precede il processo di ricostruzione dei pneumatici è la selezione, durante la quale la gomma viene attentamente ispezionata affinché possa essere ritenuta adatta alla ricostruzione. Le verifiche riguardano la presenza di eventuali danni e imperfezioni sulla carcassa, così da accertarsi che risulti perfettamente integra. Dopodiché si interviene con la raspatura, ovvero l’operazione con cui si elimina il battistrada residuo attraverso un macchinario elettronico, la raspatrice. In questo momento, dopo aver rimosso ogni residuo del precedente battistrada, si procede con un secondo controllo della carcassa, proprio perché la sua integrità è un elemento fondamentale per l’affidabilità e la tenuta del pneumatico. Completate tutte le verifiche, si passa alla soluzionatura che consiste nell’applicare sulla superficie “raspata” uno strato sottile di gomma adesiva necessario per poter apporre il nuovo battistrada. La fase dell’applicazione può avvenire in due modi: con la tecnica a caldo o in alternativa con la tecnica a freddo.

Nasce la “nuova” gomma rigenerata

Il processo di applicazione del nuovo battistrada è denominato vulcanizzazione, durante la quale - nel procedimento a caldo - il pneumatico viene inserito all’interno di una pressa a una temperatura di 160 gradi e in cui si trova uno stampo con il disegno del battistrada che così sarà impresso sulla gomma. Nel procedimento a freddo, invece, la copertura è posta sottovuoto in maniera tale da estrarre l’aria rimasta, dopodiché il nuovo battistrada viene fuso con la carcassa a una temperatura di 110 gradi. La tecnica a freddo richiede all’incirca tre ore di tempo affinché il processo sia completato. A questo punto rimane l’ultima fase, la rifinitura: viene effettuato un controllo completo sul pneumatico sia interno che esterno, per verificare che la vulcanizzazione sia avvenuta in modo ottimale, mediante l’impiego di macchinari appositi. Dopodiché si può passare alle rifiniture estetiche, al termine delle quali il pneumatico ricostruito è pronto per tornare su strada.

Le gomme rigenerate sono una scelta sostenibile?

Per comprendere se davvero le gomme rigenerate sono sostenibili si può fare un confronto circa l’impatto ambientale fra un pneumatico nuovo e uno, appunto, ricostruito. La produzione di un pneumatico nuovo richiede all’incirca 28 litri di petrolio, mentre per uno ricostruito servono 5,5 litri: una netta differenza; la rigenerazione, inoltre, consente di ridurre le emissioni di CO2 in una forbice compresa fra il 25 e il 40%, limitando perciò in maniera consistente l’impatto della produzione sull’ambiente. In termini energetici, il processo di ricostruzione permette di risparmiare fino al 70% dell’energia che viene invece prodotta quando si realizza un pneumatico ex novo. Secondo i dati Michelin, per una singola gomma è possibile risparmiare fino a 50 chili di materie prime attraverso la rigenerazione delle coperture. In virtù di ciò la risposta alla domanda iniziale non può che essere affermativa: le gomme ricostruite sono senz’altro una scelta sostenibile.

I pneumatici rigenerati riescono a fornire la necessaria sicurezza? 

Questo è il punto nevralgico al centro del dibattito che riguarda i pneumatici ricostruiti: sono davvero sicuri? La fase di selezione iniziale serve a garantire l’integrità della carcassa, elemento cruciale per la sicurezza della futura gomme rigenerata. Se quest’ultima è in buone o ottime condizioni, allora il pneumatico sarà sicuro e resistente, anche se non in grado di assicurare la stessa longevità di un prodotto nuovo. Questo perché la carcassa ha già subito le sollecitazioni della sua “vita precedente”, di svariate decine di migliaia di chilometri se la manutenzione è stata corretta e costante, che non possono non incidere sulla sua durata. Bisogna specificare che i pneumatici per le autovetture possono essere ricostruiti al massimo una volta (al contrario di quelli per camion, il cui limite è tre volte). Le gomme rigenerate possono quindi essere considerate sicure, sebbene non al livello di quelle nuove di zecca.

Posso montare pneumatici ricostruiti sulla mia vettura?

Qualunque automobilista può scegliere di dotare la propria auto di pneumatici ricostruiti. I loro vantaggi li conosciamo bene: costi contenuti (spesso inferiori del 30-40% in confronto a quelli nuovi) e sostenibilità ambientale, dato che il loro impatto - come abbiamo visto in precedenza - è ridotto. Tuttavia è necessario tenere in considerazione anche gli svantaggi per poter effettuare una valutazione completa e corretta. In primis, la carcassa già usurata è esposta maggiormente a problemi rispetto a un prodotto nuovo, inoltre la durata chilometrica di un battistrada ricostruito è inferiore se paragonata a quella di un pneumatico appena uscito dalla fabbrica. Questo significa che le coperture rigenerate hanno un ciclo vitale più breve. Passando alle prestazioni, queste sono inferiori pure qualora il pneumatico pre-rigenerazione fosse di alta qualità, e ciò si ripercuote su aderenza, tenuta di strada e spazi di frenata, non paragonabili a quelli di una gomma nuova. In aggiunta anche il comfort può risultare minore, ad esempio con una rumorosità più marcata

A chi sono consigliate dunque le gomme ricostruite? 

Possono essere una valida scelta per gli automobilisti che percorrono poche migliaia di chilometri all’anno, in prevalenza spostandosi in tragitti cittadini; in tali percorsi le sollecitazioni per le gomme auto sono infatti meno intense rispetto a quanto avviene ad esempio sulle strade extraurbane e in autostrada, dove si viaggia a velocità superiori. Inoltre rappresentano un’ottima opzione per la seconda vettura di famiglia, quella che si utilizza con meno frequenza e appunto per gli spostamenti brevi. In tal caso è possibile risparmiare sulla spesa per il loro acquisto, impattando in misura minore sul budget familiare, elemento non certo secondario di questi tempi. In linea generale, però, è sempre consigliato l’acquisto di gomme nuove, in maniera particolare se si fa un uso intensivo della vettura, si compiono lunghi viaggi e si percorrono molte migliaia di chilometri nell’arco di un anno.

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